Le Reliquie dei Martiri d’Otranto sono ad oggi molto venerate dagli abitanti del luogo. Le spoglie mortali di uomini che lottarono per difendere il credo cristiano contro i cosiddetti infedeli, sono al contempo una preziosa testimonianza storica e segno evidente di devozione.

Esse sono conservate nella Cattedrale cittadina e nella chiesetta di Santa Maria dei Martiri d’Otranto.

Premesse storiche

Le Reliquie, custodite nei luoghi di culto cristiano presenti ad Otranto, giacciono qui dal 1480, anno in cui l’assalto turco devastò la città ed, inevitabilmente, portò ovunque morte e distruzione.

D’altro canto la nostra penisola risentiva all’epoca del recente crollo di Costantinopoli, l’Italia poi non era di certo uno stato unitario ma bensì un ammasso informe e frammentato di corti e feudi più o meno autonomi e l’Impero Ottomano era in quel particolare frangente storico una potenza, potremmo dire mondiale che viveva un’inarrestabile fase di espansione dei confini.

Tanto gli Aragonesi quanto l’esercito papale inoltre, all’epoca alcune delle maggiori realtà governative presenti in Italia, spendevano le loro energie nel sedare i tumulti fiorentini, cosa ben più conveniente dal punto di vista politico ed economico rispetto alla protezione dei confini meridionali del paese.

Grazie a questa particolare condizione storico-militare, i Turchi attaccarono il sud Italia a dire il vero senza riscontrare neanche troppe difficoltà.

I Turchi ad Otranto

Alla guida dell’esercito ottomano c’era il Pascià Achmet che progettò lo sbarco dei suoi uomini ad Otranto in quella che ad oggi, non a caso, viene ancora chiamata Baia dei Turchi. Era il luglio del 1480 e circa 18 mila uomini assalirono la tranquilla popolazione di questo importante centro salentino, popolazione che al massimo contava 6 mila individui.

Spietati ed implacabili, gli Ottomani saccheggiarono la città forti della consapevolezza di aver praticamente colto alla sprovvista la cittadinanza idruntina e che in ogni caso questa non avrebbe avuto modo, data la disparità numerica, di organizzare una resistenza. In poco tempo quindi gli aggressori violarono anche il castello e non ebbero remore a ridurre in schiavitù tutti gli abitanti del luogo che gli capitassero a tiro, soprattutto donne e bambini. Nemmeno l’arcivescovo che dall’alto del suo pulpito incitava la popolazione a difendere la libertà e la cristianità venne risparmiato: egli venne ucciso in chiesa e tutti i fedeli lì presenti furono costretti a convertirsi all’Islam.

Altare con i Martiri
Foto User:MatthiasKabel [CC BY-SA 3.0], via Wikimedia Commons.
Coloro i quali stoicamente di rifiutarono di cedere alle pretese degli aggressori, destinati in epoche successive ad essere riconosciuti quali patroni della città, vennero condotti al Colle della Minerva e decapitati: era il 14 agosto 1480 e ben 813 teste ruzzolarono giù per il pendio. Bisogna aspettare un anno circa perché gli Aragonesi ristabiliscano l’ordine ad Otranto: cacciati gli invasori, quello che restò loro in mano altro non era che un cumulo di macerie ed un seguito di circa 300 popolani. Indignati, i cattolicissimi aragonesi terminarono di radere al suolo la città e decisero di ricostruirla, quasi per sfregio, più grande, più bella e più fortificata di prima.

Le spoglie delle 813 vittime intanto, ad oggi canonizzate sante da Papa Francesco (12 maggio 2013), sono attualmente conservate in apposite teche trasparenti installate sotto un altare della Cattedrale di Otranto. Una parte di esse, in epoche successive, venne trasferita a Bovino ed a Napoli, città solidali.

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